Tra gli intervistati, anche l’autorevole voce di Fabrizio Bernini, communication & sustainability manager del Gruppo Happy.
La posizione del settore industriale è molto chiara a riguardo: l’eliminazione dell’imballaggio per ortofrutta non è la soluzione (nemmeno per confezioni sotto il chilo e mezzo), per di più se questa decisione deriva da posizioni ideologiche non supportate da dati scientifici. Allo stesso tempo, così, il riuso non può essere la soluzione al problema dell’inquinamento, soprattutto nei Paesi come l’Italia, dove il riciclo ha raggiunto livelli molto alti. Inoltre, come sottolinea Carlo Battagliola (imprenditore agricolo), il riuso comporterebbe un aumento di costi non solo per l’industria, ma per i consumatori stessi.
Insomma, l’Europa dovrebbe fissare gli obiettivi, ma non i mezzi e la strada con cui conseguirli.
Lo stesso Parlamento Europeo aveva approvato, il 19 gennaio 2012, la Risoluzione su come evitare lo spreco di alimenti: strategie per migliorare l’efficienza della catena alimentare nell’UE (2011/2175(INI)), e indicava proprio negli imballaggi sempre più efficienti un’arma efficace contro lo spreco alimentare.
Perché allora oggi si parla di eliminazione degli imballaggi?
Sicuramente perché è cambiata la composizione del Parlamento, del consiglio e delle commissioni. Sono passati 11 anni da quella risoluzione e oggi quello stesso imballaggio è sul banco degli imputati perché accusato di consumare risorse e impattare sull’ambiente.
Ma è veramente così?
A fronte del mantenimento della sua funzione principale, ossia garantire la sicurezza e la shelf-life degli alimenti, l’imballaggio è cambiato, pesa molto meno – quello in plastica per l’ortofrutta utilizza almeno il 70% di materia prima seconda – ed è ancora più sostenibile e riciclabile.
Come spiega Bernini, i produttori di imballaggi hanno investito -e stanno tutt’ora investendo- notevoli risorse in ricerca, per sviluppare packaging sempre più sostenibili e con quantità di materia prima sempre più basse, a favore della materia prima seconda. L’obiettivo è quello di riuscire a fare con molto meno materiale e con materiali più semplici quello che ora viene prodotto con materiali più complessi; tutto questo, ovviamente, a vantaggio della riciclabilità.
Questo è reso possibile da una filiera del riciclo che funziona e consente così di realizzare un’economia che sia davvero circolare, dove, cioè, ciò che si produce non diventa rifiuto, ma -una volta riciclato- si trasforma in una nuova materia prima per il processo produttivo.
L’Italia, da questo punto di vista, occupa una posizione in prima linea; il nuovo Regolamento Europeo, dunque, non dovrebbe penalizzare i Paesi che in questi anni hanno lavorato per raggiungere tali livelli e risultati, imponendo l’eliminazione dell’imballaggio per legge o promuovendo solo una certa pratica. La richiesta è quindi quella di considerare riuso e riciclo come due strade parallele e non opposte: ogni Paese dovrebbe essere lasciato libero di scegliere di investire su uno dei due processi per raggiungere gli obiettivi prefissati, così da procedere sulla via dell’innovazione e non lasciare inadempiuto il lavoro fatto fino ad oggi.
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